Antonio Manzini: tra risate e ombre

La scorsa settimana è stata piena di eventi, non ce n’era che l’imbarazzo della scelta. Tra i tanti, giovedì sera ho avuto il piacere di sentire Antonio Manzini che, al Circolo dei Lettori di Torino, ha parlato della recente pubblicazione del nuovo libro, Pulvis et umbra, edito da Sellerio. A dialogare con l’autore era il giornalista Bruno Ventavoli che, di fronte a una sala gremita, ha saputo instaurare una discussione sapientemente calibrata tra il serio e il faceto.

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Per chi non lo conoscesse, Antonio Manzini ha scritto per Sellerio la serie di romanzi gialli che vede come protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, romano in trasferta ad Aosta. Pulvis et umbra è soltanto l’avventura più recente di Rocco, che viene definito dall’autore come un personaggio grigio, un personaggio dotato di profonde contraddizioni che intrinsecamente non è né buono né cattivo. A differenza di molti altri giallisti che, in un modo o nell’altro, arrivano a odiare le proprie creature, che crescono e assumono quasi vita propria, Manzini è ancora innamorato di Rocco, benché, come dice lui stesso, sia un personaggio difficile da contenere in una stanza, difficile da abbandonare. Scherzosamente dichiara anche che uno dei motivi del suo affetto per il protagonista della serie risiede nel fatto che senza di lui probabilmente non sarebbe mai stato pubblicato dalla raffinata casa editrice palermitana. Ma, cosa ben più importante, gli preme narrare la vita di Rocco, la trama “gialla” passa quasi in secondo piano in tal senso.

A quanto pare poi, le luci e le ombre del protagonista la fanno da padrone anche nel nuovo romanzo. Non a caso il titolo è quello che è. Manzini si riferisce al suo ultimo pargolo come a un libro di ombre, un libro di tradimento. E si sa, il tradimento lascia dietro di sé polvere, non restano tracce. A seguire queste cupe parole le copie dei libri che erano state sistemate dietro il palco sono cadute con un tonfo secco. Una buffa coincidenza? Scherzi a parte, la discussione si è spostata poi verso la somiglianza morfologica del vicequestore con la città in cui si svolgono i fatti di Pulvis et umbra, Aosta. E scopriamo così che è proprio in quella zona che lo scrittore ama trascorrere le sue vacanze da “montagna“.

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L’incontro prosegue poi a suon di aneddoti di vita privata e battute che generano ilarità tra il pubblico. Si rafforza l’impressione che avevo avuto già al Salone, ovvero che Manzini è un personaggio irriverente, dotato di sarcasmo e di grande simpatia. Durante il resto della serata è il pubblico a rivolgere le domande, accuratamente scritte su un foglietto di carta fatto passare per la sala. Così, in mezzo a domande più o meno imbarazzanti spiccano alcuni spunti di riflessione interessanti. Come, ad esempio, partendo dalla domanda se il giallo sia da considerarsi letteratura si arriva alla conclusione che non è l’argomento a fare letteratura ma la scrittura (parole sante). O ancora come al personaggio di Rocco sia legata una certa qual dimensione di privazione perché non ha più una meta nella vita, nemmeno una città, ed è sempre più depresso.

Insomma, tra una risata e l’altra, sono state dette tante piccole verità e perle di saggezza, in un clima di benevola approvazione e partecipazione da parte del pubblico. Un incontro in cui il mondo letterario è sceso dalla torre d’avorio (dentro la quale, ahimè, ancora tanti si trovano) di crociana memoria.

-Davide

 

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