Per autofiction si intende quel genere letterario per cui finzione narrativa e realtà biografica dell’autore si mescolano a vario titolo nel corso della storia. In esso verità e menzogna si confondono per dare vita a qualcosa di diverso. Autofiction è anche il più recente romanzo di Iacopo Barison, scrittore e fumettista che per Fandango aveva già pubblicato Le stelle cadranno tutte insieme (2018), e, come suggerisce il titolo, questo sconfinamento tra verità e menzogna è anche il cuore pulsante della storia.
Sofia e Orlando sono i figli dei due famosi registi Leone e Agata. A differenza di quanto lascerebbe supporre la loro condizione di gemelli, i due sono emotivamente distanti, sin dalla prematura morte dei genitori in un incidente. Il trauma che li ha colpiti, invece di avvicinarli, li ha allontanati, e ora conducono la propria esistenza con quella giusta dose di disillusione tipica di chi ha trentanni nel mondo moderno. Sofia è un’artista impegnata sentimentalmente con una donna più grande di lei, Monica. Orlando è social media manager di un museo del cinema e fatica a intrattenere un qualsiasi tipo di relazione con qualsiasi persona che lo circondi. Il precario equilibrio delle loro vite viene alterato quando, accorsi nella casa di campagna per un allagamento, viene allo scoperto la sceneggiatura di un film mai realizzato, in cui i genitori avevano dato forma narrativa alla loro famiglia. Il documento scoperto da Orlando si chiama, per l’appunto, Autofiction.
Il romanzo di Barison è però molto più del racconto di una generazione o di una storia famigliare. Il ritrovamento della sceneggiatura porta con sé un mistero, la presenza di un personaggio di troppo, un fratello maggiore, che genera scompiglio nelle vite dei due gemelli. La domanda fondamentale è: non è che questo personaggio esiste davvero? Sofia e Orlando cercano di scoprire la verità e nel frattempo il labile confine tra realtà e finzione si fa sempre più impercettibile.
Nel romanzo, più di quattrocento pagine, punti di vista e piani temporali si avvicendano e si alternano continuamente. È una scelta narrativa da far mancare il fiato, che ha un che di cinematografico e alimenta la sensazione che i personaggi siano molto più che figure bidimensionali su carta stampata. Sofia, Orlando, Leone, Agata, ma anche Emma, Andrea e Anna, hanno una propria dimensione e un proprio peso. In questo senso Autofiction è, come la famiglia, una matrioska. Solo che, invece di contenere problemi, ha al suo interno una moltitudine di storie e personaggi.
Il mondo gli sembra spesso un luogo inospitale, caotico, pieno di gente che vuole passargli davanti, come se fosse un ristorante sovraffollato dove i camerieri non effettuano il servizio al tavolo, e Orlando dovesse sgomitare per ordinare un piatto che non gli interessa davvero mangiare, e poi guardarsi intorno, cercare un posto per sedersi, magari non trovarlo e ridursi a consumare in piedi, non traendone alcuna soddisfazione. La consapevolezza di quanto siano vacue le dinamiche della vita – che agli occhi altrui lo fa sembrare tragico – in realtà lo aiuta a sopravvivere.
Pur se potrebbe beneficiare di qualche pagina in meno, il romanzo è un bel ritratto di quella che è la generazione comunemente detta dei “millenial” (anche se a queste definizioni, più che un dato anagrafico, andrebbe associata una forma mentis). Giovani disillusi che vivono tutti i giorni facendo i conti con la precarietà – economica, professionale, emotiva, esistenziale – e le pressioni della società e ancora prima della famiglia. Quali sono le aspettative che i nostri genitori nutrono nei nostri confronti? In che modo ci influenzano e, soprattutto, quali traumi sono capaci di scatenare?
Ma, dicevamo, Autofiction è più di un semplice ritratto generazionale. È un mistero che i protagonisti cercano di risolvere decifrando la propria storia famigliare e la propria identità. Un mezzo per uscire dalla paralisi che la tragedia della morte di Leone e Agata ha gettato sui loro figli. Si potrebbe perfino dire, appiccicando un’etichetta sull’altra, che si tratta di un romanzo di formazione, maturazione e crescita.
Autofiction è un contenitore di storie che ha il potenziale per essere amato da lettori molto diversi tra loro. Da chi va matto per le storie famigliari, da chi apprezza un pizzico di mistero, da chi cerca certezze che la vita reale non è in grado di fornire. Una vera e propria matrioska di esperienze e sentimenti.
-Davide